Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/217

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RAGIONAMENTO D’ISOCRATE A FILIPPO

Non ti maravigliare, o Filippo, se io non darò alle mie parole quel cominciamento che si apparterrebbe alla orazione indirizzata al tuo nome che ora ti sará recitata e mostra, ma si prenderollo da una che io scrissi sopra il negozio d’Anfipoli. Io voglio toccare da prima alcune poche cose dintorno a quella mia scrittura per darti ad intendere, e cosí ancora agli altri, che io non ho preso a comporre questa infrascritta orazione per imbecillitá di mente, o forse per alcuno errore cagionato dalla mia presente infermitá, ma che per ragione e a bell’agio mi vi sono indotto. Perciocché al tempo della guerra che per la causa di Anfipoli avevamo tra noi tu e la cittá nostra, veggendo io da tal guerra nascere molti mali, mi posi a distendere per iscrittura, sopra la detta terra di Anfipoli e suo contado, non giá qualche parte di quello che si usava di dire a quei tempi per li tuoi cortigiani e per li nostri oratori, anzi per lo contrario certi miei concetti diversi di grandissima lunga dall’animo di coloro. Poiché, dove essi tuttavia piú v’infiammavano alla guerra, aiutando colle loro parole i vostri appetiti, io, lasciando da parte i meriti della controversia, pigliato quel soggetto che mi pareva il piú acconcio a mettervi in pace, e di quello trattando, diceva che eravate ambedue molto errati, e che la guerra si faceva dalla tua parte per cosa di nostro servigio, e dal lato della cittá in vantaggio della tua potenza. Perocché il tuo migliore essere di non avere