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Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/336

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330 appendice

Sed hæc ille obiter et festinanter, facile enim vidisset vir doctissimus de Frontonis ætate frustra quaeri, quum Epistolae ætas perspecta sit quam coniecturæ meæ non repugnare, immo cum ea mirifice congruere modo ostendi. Neque enirn hic vellicare Tullium potest quin M. Caesarem simili vellicet quem in his remissum et Tullium pollere ait. Sed neque dispicio quidnam hic Fronto in Ciceronem reprehendere putari possit. Si enim Tullium remissioris stili in scribendis epistolis exemplum dicit, stilum utique optimum Tullio tribuit, nanique epistola, ut fert natura hominum familiariter inter se conloquentium, facili humilique stilo imprimis gaudere manifestum est. (V. p. 141, lin. i6 fin.).

Se riprende Cicerone come poco lavorato nelle Epistole, Frontone stesso quanto alle parole e al culto della frase e alla proprietá ed eleganza ecc. ecc. pare in veritá piú studiato; ma quanto alle cose e ai pensieri e al nucleo dell’eloquenza e al corpo ecc., anche Cicerone nelle lettere è coltissimo e lavoratissimo, e agli artifizi dell’eloquenza e metter frizzi e astuzie...

Da certe minuzie mi par di raccogliere per congettura che l’Arione sia traduzione dal greco; dico da certe parole o frasi o giri, che mi paiono scoprire la traduzione ed esser derivate dal greco. Non sarebbe facile andar dietro a tutte, essendo cose che poi per la loro piccolezza difficilmente le potrei dare ad intendere, ma per esempio, quel «secundum questum» la ripetizione (p. 376, l. 6 di p. 374, l. i0) e quel «composita» (p. 376 l. ult.) che non pare al tutto latino o almeno è raro assai; e nel Forcellini non ci sono esempi che facciano veramente al caso, e pare dal greco ἐσκευασμένος o κατεσκευασμένος. Ma si cerchi nello Scapula il vero significato di questo verbo, e se è composto forse di συσκευάζειν ossia συσκευασμένος.

Frontone è notabile che p. 400 e 408 (dove v. anche le emendazioni) per nominare l’imperatore in greco, che altri dicevano αὐτοκράτωρ, non volendo chiamarlo re, ch’era piccola cosa alle orecchie dei romani trionfatori e calpestatori di tanti re, e per proprio abito e genio disprezzatori e avvilitori della dignitá regia, lo chiama il gran re, come appunto chiamavano i greci il re di Persia prima di Alessandro. Povera Roma cosí assomigliata all’impero persiano. Il Peyron (p. ii) scioccamente rende «di un gran re» per «del gran re». Gran re, detto all’imperatore de’ romani, si vede anche nel Misopogone di Giuliano (p. 339, d.).