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pensieri - xli-xlii 29

dell’inesperienza, ma perché è manifesto il bisogno che hanno d’aiuto, di consiglio e di qualche sfogo di parole alle passioni onde è tempestosa la loro etá. Ed anco pare riconosciuto generalmente che ai giovani si appartenga una specie di diritto di volere il mondo occupato nei pensieri loro.

XLI.

Rade volte è ragione che l’uomo si tenga offeso di cose dette di lui fuori della sua presenza, o con intenzione che non dovessero venirgli alle orecchie: perché se vorrá ricordarsi, ed esaminare diligentemente l’usanza propria, egli non ha cosí caro amico, e non ha personaggio alcuno in tanta venerazione, al quale non fosse per fare gravissimo dispiacere d’intendere molte parole e molti discorsi che fuggono a lui di bocca intorno ad esso amico o ad esso personaggio assente. Da un lato l’amor proprio è cosí a dismisura tenero e cosí cavilloso, che quasi è impossibile che una parola detta di noi fuori della presenza nostra, se ci è recata fedelmente, non ci paia indegna o poco degna di noi, e non ci punga; dall’altro è indicibile quanto la nostra usanza sia contraria al precetto del non fare agli altri quello che non vogliamo fatto a noi, e quanta libertá di parlare in proposito d’altri sia giudicata innocente.

XLII.

Nuovo sentimento è quello che prova l’uomo di etá di poco piú di venticinque anni, quando, come a un tratto, si conosce tenuto da molti de’ suoi compagni piú provetto di loro, e, considerando, si avvede che v’è in fatti al mondo una quantitá di persone giovani piú di lui, avvezzo a stimarsi collocato, senza contesa alcuna, come nel supremo grado della giovinezza, e se anche si reputava inferiore agli altri in ogni altra cosa, credersi non superato nella gioventú da nessuno; perché i piú giovani di lui, ancora poco piú che fanciulli e rade volte suoi compagni, non erano parte, per dir cosí, del