Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/69

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pensieri - cvi-cviii 63

CVI.

Il mondo a quelle cose che altrimenti gli converrebbe ammirare ride; e biasima, come la volpe d’Esopo, quelle che invidia. Una gran passione d’amore, con grandi consolazioni di grandi travagli, è invidiata universalmente; e perciò biasimata con piú calore. Una consuetudine generosa, un’azione eroica, dovrebb’essere ammirata: ma gli uomini se ammirassero, specialmente negli uguali, si crederebbero umiliati; e perciò, in cambio d’ammirare, ridono. Questa cosa va tanto oltre, che nella vita comune è necessario dissimulare con piú diligenza la nobiltá dell’operare, che la viltá: perché la viltá è di tutti, e però almeno è perdonata; la nobiltá è contro l’usanza, e pare che indichi presunzione, o che da sé richiegga lode; la quale il pubblico, e massime i conoscenti, non amano di dare con sinceritá.

CVII.

Molte scempiataggini si dicono in compagnia per voglia di favellare. Ma il giovane che ha qualche stima di sé medesimo, quando da principio entra nel mondo, facilmente erra in altro modo: e questo è, che per parlare aspetta che gli occorrano da dir cose straordinarie di bellezza o d’importanza. Cosí, aspettando, accade che non parla mai. La piú sensata conversazione del mondo, e la piú spiritosa, si compone per la massima parte di detti e discorsi frivoli o triti, i quali in ogni modo servono all’intento di passare il tempo parlando. Ed è necessario che ciascuno si risolva a dir cose la piú parte comuni, per dirne di non comuni solo alcune volte.

CVIII.

Grande studio degli uomini finché sono immaturi, è di parere uomini fatti, e poiché sono tali, di parere immaturi. Oliviero Goldsmith, l’autore del romanzo The Vicar of Wakefield,