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68 | comparazione delle sentenze |
chiudono che morendo si smascherasse, argomentano a rovescio: e se credono che quelle parole gli venissero dall’animo, e che Bruto, dicendo questo, ripudiasse effettivamente la virtú, veggano come si possa lasciare quello che non s’è mai tenuto, e disgiungersi da quello che s’è avuto sempre discosto. Se non l’hanno per sincere, ma pensano che fossero dette con arte e per ostentazione; primieramente che modo è questo di argomentare dalle parole ai fatti, e nel medesimo tempo levar via le parole come vane e fallaci? volere che i fatti mentano perché si stima che i detti non suonino allo stesso modo, e negare a questi ogni autoritá dandoli per finti? Di poi ci hanno a persuadere che un uomo sopraffatto da una calamitá eccessiva e irreparabile; disanimato e sdegnato della vita e della fortuna; uscito di tutti i desiderii, e di tutti gl’inganni delle speranze; risoluto di preoccupare il destino mortale e di punirsi della propria infelicitá; nell’ora medesima che esso sta per dividersi eternamente dagli uomini, s’affatichi di correr dietro al fantasma della gloria, e vada studiando e componendo le parole e i concetti per ingannare i circostanti, e farsi avere in pregio da quelli che egli si dispone a fuggire, e in quella terra che se gli rappresenta per odiosissima e dispregevole. Ma basti di ciò.
Laddove le soprascritte parole di Bruto s’hanno tutto giorno, si può dire, tra le mani; queste che soggiungerò di Teofrasto moribondo, non credo che uscissero mai delle scritture degli eruditi (dove anche non so il conto che se ne faccia), non ostante che sieno degnissime di considerazione, e abbiano molta corrispondenza col detto di Bruto, sí per l’occasione in cui furono pronunziate, e sí per la sostanza loro. Diogene Laerzio le riferisce, copiando, per quello ch’io mi persuado, qualche scrittore piú antico e piú grave, com’è solito di fare. Dice dunque che Teofrasto venuto a morte e «domandato da’ suoi discepoli se lasciasse loro nessun ricordo o comandamento, rispose: — Niuno; salvo che l’uomo disprezza e gitta molti piaceri a causa della gloria. Ma non cosí tosto incomincia a vivere, che la morte gli sopravviene. Perciò l’amore della gloria