Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/78

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cioè molto delicato e vivo, non può far che non senta la nuditá e l’infelicitá irreparabile della vita e non inclini alla tristezza, quando i molti studi l’abbiano assuefatto a meditare, e specialmente se questi riguardano all’essenza medesima delle cose, nel modo che s’appartiene alle scienze speculative. Certo è che Teofrasto, amando gli studi e la gloria sopra ogni cosa, ed essendo maestro o vogliamo dire capo di scuola, e di scuola frequentatissima, conobbe e dichiarò formalmente l’inutilitá de’ sudori umani, e cosi degl’instituti suoi propri come degli altrui ; la poca proporzione che passa tra la virtú e la felicitá della vita; e quanto prevaglia la fortuna al valore in quello che spetta alla medesima felicitá cosi degli altri come anche de’ sapienti. E forse in queste conoscenze passò tutti i filosofi greci, massime quelli che vennero avanti Epicuro, con tutto che fosse diversissimo e ne’ costumi e nelle sentenze da quello che poi furono gli Epicurei. Tutto questo si ricava, non solamente dalle cose dette di sopra, ma da’ riscontri che s’hanno degl’insegnamenti di Teofrasto in parecchi luoghi degli scrittori antichi. E quasi ch’egli avesse avuto a dimostrare cogli accidenti suoi propri la veritá delle sue dottrine ; primieramente non è tenuto da’ filosofi moderni in quella stima che dovrebbe, essendo perduti giá da piú secoli, per quello che se ne sappia, tutti i suoi libri morali, eccetto solo i Caratteri ; come anche sono perduti i libri politici o appartenenti alle leggi e quasi tutti quelli di metafisica. Oltre di ciò, non che i filosofi antichi lo celebrassero per aver veduto piú di loro, anzi per questo rispetto medesimo lo vituperarono e maltrattarono, e particolarmente quelli, tanto meno sottili quanto piú superbi, i quali si compiacevano d’affermare e di sostenere che il sapiente è felice per sé; volendo che la virtú o la sapienza basti alla beatitudine; quando sentivano pur troppo bene in sé medesimi che non basta, se però avevano effettivamente o l’una o l’altra di quelle condizioni. Della qual fantasia non pare che i filosofi sieno ancora guariti, anzi pare che sieno peggiorati non poco, volendo che ci debba menare alla felicitá questa filosofia presente, la quale in somma non