Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/88

Da Wikisource.
82 moralisti greci

l’animo voluta da Epitteto sopra ogni cosa, e quello stato libero da passione, e quel non darsi pensiero delle cose esterne, se non ciò che noi chiamiamo freddezza d’animo, e noncuranza, o vogliasi indifferenza. Ora la utilitá di questa disposizione, e della pratica di essa nell’uso del vivere, nasce solo da questo, che l’uomo non può nella sua vita per modo alcuno né conseguire la beatitudine né schivare una continua infelicitá. Che se a lui fosse possibile di pervenire a questi fini, certo non sarebbe utile, né anco ragionevole, di astenersi dal procacciarli. Ora non potendogli ottenere, è proprio degli spiriti grandi e forti l’ostinarsi nientedimeno in desiderarli e cercarli ansiosamente, il contrastare, almeno dentro sé medesimi, alla necessitá, e far guerra feroce e mortale al destino, come i sette a Tebe di Eschilo, e come gli altri magnanimi degli antichi tempi. Proprio degli spiriti deboli di natura, o debilitati dall’uso dei mali e dalla cognizione dell’imbecillitá naturale e irreparabile de’ viventi, si è il cedere e conformarsi alla fortuna e al fato, il ridursi a desiderare solamente poco, e questo poco ancora rimessamente; anzi, per cosí dire, il perdere quasi del tutto l’abito e la facoltá, siccome di sperare, cosí di desiderare. E dove che quello stato di nimicizia e di guerra con un potere incomparabilmente maggiore dell’umano e non mai vincibile, dall’un lato non può avere alcun frutto e dall’altro lato è pieno di perturbazione, di travaglio, d’angoscia e di miseria gravissima e continua; per lo contrario questo altro stato di pace, e quasi di soggezione dell’animo, e di servitú tranquilla, quantunque niente abbia di generoso, è pur conforme a ragione, conveniente alla natura mortale, e libero da una grandissima parte delle molestie, degli affanni e dei dolori di che la vita nostra suole essere tribolata. Imperocché veramente a ottenere quella miglior condizione di vita e quella sola felicitá che si può ritrovare al mondo, non hanno gli uomini finalmente altra via se non questa una, di rinunciare, per cosí dire, la felicitá, ed astenersi quanto è possibile dalla fuga del suo contrario. Ora la noncuranza delle cose di fuori, ingiunta da Epitteto e dagli altri stoici, viene