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ALLA PRIMAVERA

O

DELLE FAVOLE ANTICHE


        Per che i celesti danni
Ristori il sole e per che l’aure inferme
Zefiro avvivi, onde fugata e sparta
De le nubi la grave ombra s’avvalla;
5Credano il petto inerme
Gli augelli al vento, e la diurna luce
Novo d’amor disio, nova speranza
Nè penetrati boschi e fra le sciolte
Pruine induca a le commosse belve;
10Forse a le stanche e nel dolor sepolte
Umane menti riede
La bella età, cui la sciagura e l’atra
Face del ver consunse
Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti
15In sempiterno al misero non sono
Di febo i raggi? ed anco,
Primavera odorata, ispiri e tenti
Questo gelido cor, questo ch’amara,
Nel fior de gli anni suoi vecchiezza impara?