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DISSERTAZIONE SOPRA LE VIRTÙ MORALI IN PARTICOLARE erano gli edili curuli di dare al popolo a proprie spese degli spettacoli porgevano ad essi occasione di esercitare la virtù del¬ la magnificenza, e non pochi diffatto in essa si distinsero sebbe¬ ne assai spesso con soverchia profusione. Cadono negli estremi della virtù della magnificenza coloro, che vogliono esercitarla senza, che le loro sostanze sien sufficienti a somministrargli quanto per ciò fa di mestieri, o coloro, i quali per sordido amor del denaro ristringono soverchiamente le spese, o coloro final¬ mente, che con profusione immoderata fanno uso delle loro ricchezze nell’esercitar questa virtù. La mansuetudine è quella virtù, per cui l’uomo non si adira se non quanto ragion vuole, e quanto richiedono le circostanze, in cui si ritrova. Colui, che sfrenatamente si dà in preda al furo¬ re, o colui, che istupidamente sopporta qualsivoglia affronto cade negli estremi della mansuetudine. C. Giulio Cesare, che a’ molti suoi vizj accoppiava molte, I47I e rare virtù fu presso i Ro¬ mani un esempio di mansuetudine perdonando egli bene spes¬ so, e premiando ancora coloro, che le armi portate aveano con¬ tro di lui, ma nondimeno egli seppe usare all’uopo grandissima severità con le truppe a lui ribelli, le quali però con questa seve¬ rità trasse mai sempre alla dovuta soggezione. La verità, che da Aristotele vien posta nel numero delle vir¬ tù si è quella, per cui l’uomo loda talvolta se stesso come, e quando ragion lo richiede. Così Quinto Orazio Fiacco lodò se stesso nell’ode ultima del libro 3. dicendo: 269