Più non mi dilungo perchè la posta parte. Ho letto il Pla-
tone di Cousin, e per quello che si poteva aspettare da un fran-
cese, mi pare un lavoro assai diligente. Lo trovo poi ottimo
quanto alla parte filosofica, ed anche quanto alla eleganza e purità
dello stile. Non dissimulo che alcune sue interpretazioni non
mi paiono giuste, ma ciò non toglie al merito dell’opera in gene-
rale. Il mio desiderio di riveder Lei e di profittare della sua con-
versazione e de’ suoi lumi, è infinito. Colla dolce speranza di
godere di questo bene fra poco, e colla più viva gratitudine all’a-
morevolezza che Ella mi ha usata e mi usa, offerendomi in ogni
cosa ai suoi comandi, ho l’onore di ripetermi
Suo dino obblmo servitore affettuosissimo Giacomo Leopardi |
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A Carlo, Paolina e Luigi Leopardi. |
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Carlino mio caro. La tua lettera mi ha consolato e attristato
a un tempo stesso, come puoi ben credere. Anzi non puoi cre-
dere quanto dolore io senta, pensando alla tua situazione. Asso-
lutamente l’ammogliarti sarebbe il meglio: veggo bene le diffi-
coltà che ci sono, vedo che tu ne hai poca voglia, ma credo che
questo sarebbe il miglior partito per te e per tutti, e se potessi
contribuire in qualche modo a proccurartelo, lo farei con tutta
l’anima. Dimani a sera aspetto Giordani. Gli parlerò di que-
st’affare. Non v’è ficcanaso uguale a lui, nè uomo meglio infor-
mato nè più attivo nè più amorevole. Gli raccomanderò la cosa
caldamente. Una dolcissima speranza mi consola, ed è quella
di rivederti presto. Oggi ho lettera di Bunsen, dove parla del-
l’impiego propostomi, che è la Cattedra combinata di eloquenza
greca e latina nella Sapienza di Roma; e pare che se io l’accetto,
potrò averlo quasi subito. Oggi stesso rispondo ed accetto; al
che mi muove anche il bestialissimo freddo di questo paese, che
mi ha talmente avvilito da farmi immalinconichire e disperare.