Pregiatissimo Signore
Non prima del 27. spirante ho ricevuto dalle mani del Sig.
Stella la sua cortesissima lettera, colla quale, se quanto si fa per
10 sapere potesse chiamarsi fatica, e se ciò che ho fatto io per la
gloria di Frontone potesse servire ad altro che ad oscurarla, ella
me ne avrebbe ricompensato abbondantemente.1 Ma pur
troppo e nella traduzione e nelle illustrazioni e nei preliminari
avrà ella ravvisato il lavoro precipitoso e compito due mesi prima
di venirle nelle mani. Tutto abbisognerà di emendamento, ma
quanto alla Dedica, non rimproverandomi la mia coscienza se
non di aver detto troppo poco, la supplico a permettere che la
si rimanga qual è, e l’assicuro che non ho ancora appreso ad
adulare; e già vi vorrebbe molto, perchè le lodi date alla sua
insigne e veramente esemplare <ptXo7tovia2 ed alla sua, per
nostra mala ventura, straordinaria dottrina, fossero adulazioni.
Ben graditissime ed utili sopra modo sonomi riuscite le osservazioni che ella non ha sdegnato di fare sopra il mio lavoro,
e se io ne abbia cavato profitto ella ne giudicherà, esaminato
11 foglio che le acchiudo. Assai mi duole che le siano troppo
poche, e più mi dorrebbe se oltre il desiderio grandissimo che
ho io di riceverne delle altre dalle quali possa ugualmente trar
vantaggio, vedessi defraudata la speranza datamene dal Sig.
Stella, il quale mi ha detto, che ella andava disaminando più
minutamente il mio scritto. Giudice assoluto io la costituisco
dell’opera mia, e se ella vorrà compiacersi di continuare e condurre a fine le sue savissime osservazioni, e pigliarsi la briga
di porre ai loro luoghi i cambiamenti che le invio, fatti dietro
i suoi avvisi, io reputerò che l’opera non abbia mestieri d’altro
esame, e che, quanto è emendabile, sia già emendata. Veggo
bene che io usurpo momenti che dovrebbono esser sacri a tutta
la Repubblica delle lettere, svolgendola da occupazioni utili alla
universale letteratura, e ne ho rimorso; ma che debbo io dirle?