Aspettava la consolazione di qualche vostra parola dopo le
molte anzi troppe mie dei 12 e 19 del passato. Ma non veden-
done, non voglio star più a ringraziarvi del vostro soavissimo
Discorso arrivatomi da Bologna col penultimo ordinario.1 Non
mi distenderò in dirvi quanto m’abbia dilettato, potendo già
figurarvelo. Basti dire che dove prima di leggerlo mi lamentava
che dovessi aspettarlo troppo, ora quasi mi duole che non abbia
indugiato da vantaggio, atteso che non ha bastato punto a
saziarmi, anzi non ha fatto altro che accrescermi l’impazienza
pel desiderio degli altri due. Solamente soggiungerò che m’hanno
fatto gran colpo quelle due gravissime conversioni delle pagine
10 e seguenti, e 62 e seguenti. O mio carissimo, BdXX’ outw?,
ai' xév xi 9ÓCù? Aavaotai yévr)ou.2 Paolina e Carlo vi salutano ca-
ramente, ed io mentre che v’abbraccio, vi prego a non lasciarmi
senza vostre lettere quando possiate senza troppa molestia. Addio
Mio caro carissimo. Se la posta ha perdonato alla mia del-
l’ultimo ordinario, vi sarete accorto ch’io non ho mancato di
rispondere alle vostre amorevolissime dei 3 e dei 5 di febbraio,
anzi risposi a lunghissimo, e mi parea d’essere stato indiscreto.
Voi mi rassicurate ch’io non lo creda, anzi volete ch’io mi
distenda più ch’io posso: e però siccome quella povera lettera,1
contenendo come vedete, parecchi testi raccolti qua e là, e cose
tali, la feci copiare, così l’avrete qui sotto tutta quanta. La mia
dell'ordinario passato (la quale resta raccomandata alla clemenza