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A Saverio Broglio d’Ajano. |
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Conte Xaverio amabilissimo.
Avendo motivo di credere che quello che sto p[er] narrarvi,
vi sia pervenuto alle orecchie p[er] altra parte, ed essendovi inte-
ressata la mia buona opinione, ho voluto scrivervi perchè le rela-
zioni altrui non vi facessero pensare diversamente dal vero. Io
credo certo che voi già sappiate ch’io v’ingannai, quando finsi
che il passaporto ch’io vi chiedeva, fosse desiderato anche da
mio padre. Chiedendovelo altrimenti io sapeva che avrei mani-
festata la mia intenzione a mio padre, a cui voi subito ne avre-
ste scritto. Se l’avervi fatta una sorpresa senza alcun danno
vostro, e poco o niente d’altrui, è colpa in un povero giovane,
che in altra guisa non potea sperare aiuto da persona vivente,
confesso ch’io sono colpevole: ma vi domando perdono, e lo
spero dalla vostra benignità.
Conte mio, quantunque il destino mi condanni ad avervi
necessariamente p[er] contrario, io non dispero di farvi cono-
scere la crudeltà di questo destino. La risoluzione ch’io aveva
presa non era nè immatura nè nuova. Io l’avea fissata già da
un mese, e l’avea concepita fin da quando conobbi la mia con-
dizione, e i principii immutabili di mio padre, cioè da parecchi
anni. Io non sono nè pentito nè cangiato. Ho desistito dal mio
progetto p[er] ora, non forzato nè persuaso, ma commosso e
ingannato. Persuaso non poteva essere, come nè anche persua-
dere, perchè le nostre massime sono opposte, e perciò fuggo ogni
discorso su questa materia, giacché il discorso non può esser
concorde quando i fondamenti sono discordi. Se mi opporranno
la forza, io vincerò, perchè chi è risoluto di ritrovare o la morte
o una vita migliore, ha la vittoria nelle sue mani. Le mie risolu-
zioni non sono passeggere, come quelle degli altri, e come mio
padre stimo che si persuada, p[er] dormire i suoi sonni in pace,
come suol dire. Io non voglio vivere in Recanati. Se mio padre