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A GlANNANTONIO ROVERELLA. |
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V. S. mi scrive della mia canzone molto amorosamente, e nello
stesso tempo mi regala una sua traduzione, in maniera ch’io non
so di qual cosa io la ringrazi da vantaggio. Ma il diletto che
m’hanno recato i suoi versi puri, facili, delicati, supera ogni altro
riguardo; e io la ringrazio sopra tutto di questo dono carissimo
e graziosissimo. Non ho mai veduto la tragedia che V. S. mi signi-
fica,1 relegato come sono, fuori del mondo civile e letterario,
in questa città senza lettere, senza commercio scambievole, senza
operosità, senza vita di sorta alcuna, dov’io non albergo se non
come si farebbe in un romitaggio. V. S. si mostra informata che
mio padre impedì che non si stampasse un’altra mia canzone.
Avrebbe impedito anche questa se l’avesse veduta. Oltracciò
ella è stata interdetta e sequestrata per comando supremo in
tutta la Lombardia e la Venezia: e in questo medesimo Stato,
de’ pochi esemplari che n’ho spedito in diverse parti, io non
credo ch’abbia avuto ricapito se non quello c’ho mandato a V. S.
Insere nunc, Meliboee, piros, pone ordine vites.2
Ella mi voglia bene, m’adopri, e mi creda
Recanati 24 Novembre 1820. |
V. S. non si sdegna di ricordarsi ch’io le scrissi di parecchie
osservazioni che avea preparato intorno alle sue scoperte; e
oltracciò si compiace di domandarmele. Ma il mal essere cor-
porale, e gli altri mille impedimenti che frastornano gli studi
miei, non me le hanno ancora lasciate mettere insieme, nè sten-
dere e disporre in maniera che si possano leggere, o se ne possa
cavare nessun costrutto. Solamente questi mesi addietro son
venuto a capo di una lettera abbastanza lunga sopra l’Eusebio,