Salutate ciascuno di Casa, e Dio vi conceda un anno felice e tanti
in seguito sempre sereni. Addio. Gradite li saluti di mio Marito e Figlia
e credetemi la vra
Affma Zia
Ferd.:l Melchiorri.
Recanati 5. Gennaio 1821. |
Mio cariss. La tua de’ 24. del passato mi rende certo di quello
ch’io congetturava, che fosse perduta quella mia che rispondeva
all’altra tua de’ 5 di Novembre. Mando questa a Brighenti, e
lo prego che te la faccia capitare per la posta di Bologna.
Non mi potevi ragguagliare di cosa che tanto mi consolasse
quanto della salute migliorata. Ma non volerla usare mentre sarà
facile che te n’abusi. Aspetta ch’ella sia confermata, anche se
dall’ozio e dal tedio. Te ne prego e supplico istantemente.
Io sto competentemente bene del corpo. L’animo dopo lun-
ghissima e ferocissima resistenza, finalmente è soggiogato, e ubbi-
diente alla fortuna. Non vorrei vivere, ma dovendo vivere, che
giova ricalcitrare alla necessità? Costei non si può vincere se
non colla morte. Io ti giuro che avrei già vinto da lungo tempo,
se m’avessi potuto certificare che la morte fosse posta in arbi-
trio mio. Non avendo potuto, resta ch’io ceda. Nè trovo ora-
mai che altra virtù mi convenga, fuori della pazienza, alla quale
io non era nato.
Leggo e scrivo e fo tanti disegni, che a voler colorire e ter-
minare quei soli che ho, non solamente schizzati, ma delineati,
fo conto che non mi basterebbero quattro vite.1 Se bene io
comprendo anzi sento tutto giorno e intensamente l’inutilità
delle cose umane, contuttociò m’addolora e m’affanna la con-
siderazione di quanto ci sarebbe da fare, e quanto poco potrò
fare. Massimamente che questa sola vita che la natura mi con-
cede, la miseria (fortuna) me la intorpidisce e incatena; e me