cd io medesimo ne sono uno. Se io avessi creduto di poterla
servire presso mio padre, l’avrei fatto col possibile impegno.
Ma conoscendo il suo modo di pensare, e sapendo ch’egli non
ama che i figli prendano parte veruna agli affari suoi, ho veduto
bene, che in vece di servirla, non avrei fatto che proccurare nuovi
dispiaceri a me stesso. Ella non può figurarsi quanto io sia dolente
di questo affare. Se non fossi un povero figlio di famiglia, vor-
rei subito soddisfarla di tutto io medesimo, come se si trattasse
d’un debito mio. V.S. si compiaccia di credermi, e di accer-
tarsi che la puntualità in qualunque impegno, mi sta a cuore
sopra ogni cosa. S’io posso servirla in qualche altro modo,
coglierò con gioia l’occasione di mostrarle quanto vivamente
io desideri la continuazione della sua amicizia. Ardisco sperare
ch’Ella vorrà graziarmi di questa continuazione, e adoperarmi
dov’io sia buono. Anzi ne la prego di tutto cuore. E con piena
stima e sincerità mi confermo
Suo Dmo Obblmo Sre Giacomo Leopardi |
Il dispiacere che vi cagiona, carissimo amico mio, la perdita
di quella lettera dove mi parlavate delle cose vostre, non è certo
maggiore del mio. Non v’ingannate punto congetturando il
diletto ch’io proverei nel trovarmi in compagnia vostra, ed ascol-
lare le vostre confidenze, e vedere il vostro cuore. Chi sa? m’è
stata data una lontanissima speranza che questo possa acca-
dere.1 Se la consolazione vostra, come dite, è riposta nella
benevolenza degli amici, dalla benevolenza mia ricavate quanta
consolazione si può, mentre ella è tanto grande ed intensa e dure-
vole, quanto si possa mai pensare. Ben vorrei consolarvi in altra
maniera che con l’affetto, e sottentrare, non potendo altro, alle
sventure vostre. Ma, caro amico, la condizione degli uomini e