giorno in modo che sarò forzato a chiamarla opera.3 Come
avrò finito di prepararla, se a Dio piacerà, metterò mano a fab-
bricarla, e credo che sarà presto. I lo voluto scriverti queste ciance
per soddisfare all’amorevolezza che ti suol condurre a deside-
rare informazione delle cose mie. Rendimi il contraccambio; e
ragguagliandomi della tua condizione, Dio voglia che tu mi possa
confondere, e farmi restare cattivo indovino. Addio addio.
Mio Caro. La vostra ultima mi ha riempito di dolore e di
compassione. Vi aspettereste voi ch’io predicassi il coraggio e
la confidenza? E pur sì: anzi voglio che stiate di buon animo
e confidiate. Colui che disse che la vita dell’uomo è una guer-
ra,1 disse almeno tanta gran verità nel senso profano quanto
nel sacro. Tutti noi combattiamo l’uno contro l’altro, e com-
batteremo fino all’ultimo fiato, senza tregua, senza patto, senza
quartiere. Ciascuno è nemico di ciascuno, e dalla sua parte non
ha altri che se stesso. Eccetto quei pochissimi che sortirono le
facoltà del cuore, i quali possono aver dalla loro parte alcuni
di questo numero: e voi sotto questo rispetto siete superiore
a infiniti altri. Del resto o vinto o vincitore, non bisogna stan-
carsi mai di combattere, e lottare, e insultare e calpestare chiun-
que vi ceda anche per un momento. Il mondo è fatto così, e
non come ce lo dipingevano a noi poveri fanciulli. Io sto qui,
deriso, sputacchiato, preso a calci da tutti, menando l’intera vita
in una stanza, in maniera che, se vi penso, mi fa raccapricciare.
E tuttavia m’avvezzo a ridere, e ci riesco. E nessuno trionferà
di me, finché non potrà spargermi per la campagna, e divertirsi
a far volare la mia cenere in aria. Io vi prego con tutto il cuore
a farvi coraggio, non perchè non senta le vostre calamità, che
le sento più delle mie: bensì perchè credo che questa vita, e que-
sto uffizio di combattere accanitamente e perpetuamente, sia
stato destinato all’uomo e ad ogni animale dalla natura.