Troppo debili saranno i miei elogi a confronto del soggetto, se
volessi parlarne come io ne sento, e come sarei spinta a fare delle odi
suddette; al mio nulla non appartiene che ammirare e tacere; solo
dirò che molto romore le medesime hanno qui menato, che se ne
discorre con entusiasmo per tutti i crocchi degli eruditi, e che quello
spirito patrio che le anima e le fa belle, accende non men la mente
che il cuore di chiunque le legge. Felice la Sua penna che può espri-
mere con tanta semplicità e chiarezza idee tanto sublimi! - Chi può
lodare abbastanza, in un altro genere di bellezza, la settima strofa del-
l’Ode a M.r Mai «Nostri beati sogni ove son giti!». Ma volendo
tacere, non m’avveggio che dalla verità son trasportata a parlare. Si
taccia in fine, chè a più sublimi lodatori appartengono le Sue opere.
Gradisca le più sincere mie congratulazioni, ed i sentimenti della mia
viva riconoscenza. Segua a rendersi illustre con sì chiari prodotti, e
mi creda con perfettissima stima
Sua Dma Obma Serva
Enrica Orfei
Roma 15 Dec.c 1824
656. |
A Enrichetta Dionigi Orfei. |
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Recanati, 22 Dicembre 1824. |
Pregiatissima signora, Debbo aver grande obbligo alle mie
canzoni per avermi procurato la opportunità di ridurmi alla sua
memoria, e soprattutto il piacere di leggere i suoi caratteri. Le
lodi che ella si compiacque di dare ai miei versi mi farebbero
insuperbire, se io non vi scoprissi molto chiaramente la genti-
lezza del bel sesso e la compitezza sua propria, piuttosto che
il merito mio. La sua lettera mi ha cagionato, insieme col pia-
cere, anco un dispiacere, cioè quello d’intendere che ella sia stata
indisposta di salute ai giorni passati. Veramente ella non saprebbe
dare altri dispiaceri che di questa natura. Io confido che la sua
indisposizione sia dileguata perfettamente, e con questa spe-
ranza, offerendomi di tutto cuore ai suoi comandi, e pregan-
dola a non depormi del tutto dalla sua memoria, mi dichiaro
e mi pregio di essere suo devotissimo e obbligatissimo servitore.