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Ad Adelaide Maestri. |
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Mia cara Adelaide.
Dunque due vostre lettere dirette a me si sono smarrite? Que-
sta perdita mi dispiace più di quella del tabacco, la quale ancora
mi rincresce non poco. Intanto vi ringrazio di tutto cuore e del
tabacco, e delle lettere perdute, e di quella, che pur finalmente
mi arriva, de’ 19 di febbraio. Quel vostro passare appresso al
camminetto l’ultimo giorno del carnevale, non mi dà buon segno
della vostra salute. Al solito, voi non me ne dite niente, e io
non posso giudicarne se non per congetture. Io, quanto a me, non
mi sono avveduto deU’invemo quest’anno; e appena mi par cre-
dibile di trovarmi già nel marzo, e colla primavera alle porte.
O la stagione è stata straordinariamente buona, o questo è pure
un clima divino. Della mia salute non potrei lagnarmi, se non
fosse che i nervi mi tormentano sempre, e che non posso tro-
var modo di digerire, non ostante il camminar moltissimo e il
mangiar pochissimo.
Voi e l’avvocato Maestri parlate con molta cordialità della
mia Crestomazia, la quale non è opera che meriti considerazione
alcuna; e questa è la causa per la quale non ve ne feci parola
in Firenze: io mi era già dimenticato di averla scritta. Ringra-
ziate tanto tanto per me l’avvocato Maestri delle gentilezze che
mi scrive in questo proposito; e ditegli che ho veduto con molto
piacere l’articolo della Biblioteca italiana sopra l’Elogio del Ber-
tani. Riveritemi singolarmente il Colombo e il Taverna,1 se li
vedrete; e ritornate un bacio per me alla Clelietta. Voi non vi
stancate di volermi bene; e quando mi scrivete, siatemi meno
avara delle vostre nuove, parlatemi delle vostre occupazioni, e
della salute, la quale vi sia raccomandata per parte mia. Addio,
addio.
Il vostro Leopardi.