Vi raccomando altresì Carlo, non potendo ancora patteggiare con la
idea terribile che il suo cuore voglia allontanarsi per sempre dal mio,
e che una barriera insuperabile abbia da frapporsi fra lui e il resto della
sua Famiglia. Vi benedico con tutto il cuore e addio.
Il vro affmo Padre
1430. |
A Ferdinando Maestri. |
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Recanati, 6 febbraio 1829. |
Amico mio carissimo.
Comincerò dal ringraziarvi di aver dato bando a quel male-
detto spagnuolismo della terza persona, per trattarmi colla fami-
liarità che conviene all’amicizia nostra. A ringraziarvi dell’e-
strema, infinita cordialità che mi dimostrate voi e l’Antonietta
coll’Adelaide, non voglio cominciare; perchè il foglio non mi
basterebbe a questo solo; e poi farò conto che m’intendiate senza
ch’io ne parli: perchè chi è capace di tanta amorevolezza come
siete voi altri, dee conoscere la forza della gratitudine che l’animo
mio ne sente, molto meglio ch’io non saprei significarla.
Vengo dunque all’affare: nel quale io veggo due difficoltà
molto gravi. La prima: che, in quella materia, io sono, a dir pro-
prio, un asino: e mettermi a farne uno studio fondato, per impa-
rarne quanto bisogna a insegnarla altrui, Dio sa quando mi sarà
possibile con questa salute, che in quanto alla facoltà di stu-
diare, peggiora ogni giorno. La volontà colla salute può molto,
ma senza la salute vai poco o nulla. L’altra difficoltà è della prov-
visione. Liberamente vi dico, che quattro luigi al mese (anzi nè
pur tanto), al merito mio sono troppo, ma al bisogno son troppo
poco: con meno di cinque luigi, io non sono potuto vivere in
nessun luogo. E Parma alla fine è città capitale, ha Corte, di
danari non è scarsa; conseguentemente i prezzi non vi possono
essere troppo bassi. La mia salute inferma richiede certe como-
dità di vita che ad altri non bisognerebbero; e specialmente
dovrei spendere più che un altro per custodirmi dal freddo, il