8;1 tanto più ch’egli spesso, e con vero affetto mi parla di te, e de’
suoi disegni di procurarti una tolerabil sorte: di che ti scriverà egli
presto: e ti avrebbe scritto prima; se non fosse che tornato egli da
Livorno, partì poco dipoi Gino per Roma. Mi è un vero tormento al
cuore la tua situazione; e spero che in qualche modo ne abbi ad uscire:
perchè altrimenti (io lo intendo benissimo) lo spasimare non è vivere.
Potendo scegliere soggiorno, non v’ha dubbio sopra Firenze; non come
ottimo de’ possibili, ma come il migliore degli esistenti. E a questo
tende Colletta. Ma certo di tutti gli esistenti e de’ possibili è pessimo
Recanati; e qualunque altro sarebbe da preferire. Parma sarebbe di
assai e di molto migliore; comunque assai inferiore a Firenze. Il freddo
certo è più vivo che qui; ma non più che Milano. Il peggio è non potersi
sapere che cosa diventerà quel governo. Scrivimi un po’ men raro; per-
chè non posso patire lunga privazione di tue nuove. Salutami cara-
mente Carlo e Paolina. Delle nozze2 non so se debba rallegrarmi; per
le insurte amarezze e difficoltà. Certo è bell’acquisto una bella e buona
giovane. E Paolina che fa? riveriscimela tanto. Avesti ancora quel
Manno che era per me?' Se potrà comporsi che tu venga qua, io
credo che se non ti ci sentirai contento, vedrai almeno che in nessu-
n’altra parte potresti esser meglio. Oh che trista cosa è il mondo! Tu
che devi conoscerlo questo nuovo Vicedio,4 che cosa credi ch’egli ci
riuscirà? almeno non potrà mai esser tanto furioso come quella bestiac-
cia.3 Che studi tu ora? che lavori? Addio, mio caro Giacomino: t’ab-
braccio con tutta l’anima addio.
1459. |
A Vincenzo Gioberti. |
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Recanati [17 aprile] 1829. |
Con molto mio dispiacere, manco da gran tempo in qua delle
vostre nuove. Alla prima ed ultima vostra dei 12 di gennaio
risposi subito con una lunga lettera,1 nella quale vi ringraziai
delle notizie letterarie che mi davate, assicurandovi che mi erano
gratissime, specialmente in questa lontananza in cui vivo dal
mondo civile, e che le vostre lettere non potevano essere tanto
lunghe, che io non le desiderassi più lunghe ancora. Mi rallegro