Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/487

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una certezza poco lieta, quanto nell’accrescimento dei mali, e dei dispia- ceri che si temono, l’immaginativa è più potente della realtà. Mi con- fido che mi conosciate a segno di non poter credere, che queste mie parole siano frasi vuote di senso, tolte da quel vocabolario corrente, che non esprime pure una idea, e che io non posso usare, perchè mi è ignoto. Questa medesima sincerità, che io considero come uno stretto dovere, e come tale mi sono sempre studiato di professare, massima- mente cogli amici, come voi siete, e cogli animi generosi, com’è il vostro; mi obbliga a dirvi, che ho mutate alcune di quelle opinioni, che prima teneva, e a dichiararvi questo mio cangiamento. Questo è pure di tal natura, che, oltre alla ragione della schiettezza, m’impone di per sè stesso il debito di palesarvelo. Ho scoperto, mio Leopardi, che io era in un grave errore, intorno alla religione. Mi ricordo di avervi significato assai chiaro il mio sentimento su questo punto, quando ebbi la buona fortuna di conoscervi, di trattare con voi alla libera, e godere la vostra conversazione. Io professava allora un puro teismo, e su di questo in tanto differiva dalle vostre opinioni filosofiche, in quanto voi tenevate che ogni concetto della mente umana nasca dalla sensazione, e si contenga in essa, e io credeva, che vi sieno alcuni con- cetti primitivi, naturali, universali, che non si possono dedurre dalla sensazione, e ridurre agli elementi di essa. La discrepanza delle nostre opinioni in ontologia, procedeva in origine, se mal non m’appongo, dal nostro disparere intorno alla quistione psicologica della generazione, e della natura delle idee. Ora avendo rinnovata, e con più accuratezza, questa ricerca, durante il ritiro sforzato, a cui la mia salute mi costrinse nel passato inverno, ottenni lo stesso risultato di prima, ma con una chiarezza, e una certezza, che mi giunse del tutto nuova. Da questa conclusione per un processo d’idee, che lungo sarebbe a dichiararvi, io fui condotto ad esaminare di nuovo un altra [sic] questione non meno rilevante, la quale per una parte s’attiene molto a quella prima, e per l’altra n’è al tutto diversa; cioè la verità del Cristianesimo (e quindi del Cattolicismo, che è la sola forma invariabile di quello) come sistema dottrinale, e come fatto storico. Questo esame da me instituito con perfetta imparzialità, e con tutta la diligenza, e attenzione, di cui era capace, (parendomi che nessuna altra investigazione fosse di tanto rilievo) mi fece scoprire degli aspetti, e delle attinenze del tutto nuove in quegli oggetti medesimi, ch’erano stati con meno di studio disami-