1647. |
Ad Antonietta Tommasini. |
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[s.d., ma Firenze, inizio di settembre 1831] |
Mia cara Antonietta.
Il nome che mi domandate è don Sebastiano Sanchini. La
mia salute è sufficiente, come scrivo oggi all’Adelaide. Prego
ancora voi di farmi presto capitare un riscontro circa quello che
io le scrivo di cotesti associati. Datemi le nuove vostre, e dite
un milione di cose per me all’amabilissimo Tommasini e al nostro
Giordani. Vogliatemi bene, e credetemi sempre
Il vostro Leopardi.
Fate intendere, vi prego, al sig. Oppici, che vi reca la pre-
sente, quanto io abbia cara la sua conoscenza ed amicizia.
1648. |
A Monaldo Leopardi. |
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Firenze. 5 settembre 1831. |
Mio carissimo papà, Ebbi la affettuosissima sua de’ 21,1 ma
molto ritardata, perchè pare che vi siano ora cordoni e visite
ai confini, e che i corrieri vadano lentamente. Se si ha ad
ascoltare i medici, Recanati in ogni sinistro caso dovrebbe essere
esente dal contagio che minaccia di fare il giro del globo; per-
chè si pretende che quel morbo rada sempre il piano, e non si
fermi sulle alture: anzi questa si dà per osservazione costante.
La mia salute, grazie a Dio, continua ad esser buona; ed io
disprezzo, come ella ragionevolmente mi consiglia, i piccoli inco-
modi. Del resto, a me non potrà mai esser piccolo incomodo
l’impossibilità di applicare, la quale è sempre la stessa che
innanzi, e me lo prova l’esperienza, e l’inutilità dei tentativi
ch’io fo pure ostinatamente ogni giorno per leggere o scrivere.
Mi sarà molto cara ed opportuna la nota de’ libri ch’io le richiesi,