Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/585

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1651. Ad Antonio Ranieri.
[s.d., ma Firenze, prima dell’ottobre 1831]

Fa bene intendere al servitor di piazza che si tratta di donne e non d’altro: non potrebbe egli essere una spia? Pensaci molto. Vorrei vederti innanzi che tu vada dalla Targioni.

1652. A Paolina Leopardi.
[Firenze] 1 Ottob. [1831]

Cara Pilla. Oggi stesso, a mezzogiorno, parto per Roma, dove, piacendo a Dio, passerò l’inverno. Ben vedi che non ho tempo di scriverti a lungo. Ti ringrazio della tua ultima senza data.2 Prega per me Pietruccio, che p[er] amor di Dio si occupi di quella nota di libri, o almeno m’indichi tre o quattro opere di valore, duplicate, delle quali il Papà consentisse a disfarsi.5 Si tratta di risparmiarmi 84 paoli toscani di spesa viva. Senti, Pilla: io ho un pressantissimo bisogno di solette, perchè in tutto tu non ne mettesti nel baule che 5 paia di rimonto: a ordinarle in Roma, costano un abisso; prega la Mamma che me ne mandi, ora che le comunicazioni tra Recanati e il luogo del mio soggiorno saranno facili. Sono pochi giorni che ho risoluto di partire, perciò non ho potuto scriverne prima. Saluta tutti: addio. Lascio tutti i miei libri a Vieusseux, che li spedisce al Papà p[er] le vie librarie.

1653. Di Vincenzo Gioberti.
Di Torino, ai 4 di ottobre 1831.

Mio caro Leopardi. Io vi debbo rendere infinite grazie per aver chiesto di me a un nostro piemontese,1 sì perchè il ricordarmi dimostra l’affetto che mi portate,