1692. |
Ad Antonietta Tommasini. |
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Mia cara Antonietta
Giordani, per il quale mi prendo la libertà di acchiudervi una
lettera,1 vi dirà come io stia di salute, e con ciò mi scuserà del
mio lungo silenzio a due carissime vostre,2 e della brevità di
questa. Non vi posso esprimere la gioia che mi recò il rivedere
qui l’aureo, anzi divino professor Tommasini, il quale ebbe la
bontà, fermandosi così poco in Roma, di venire al mio letto due
volte. Esprimetegli, vi prego, la gratitudine ch’io gliene sento,
e fategli un milione di saluti per me. Con lui si convenne di
una certa cosa, che io non mancherò di eseguire subito che la
salute me lo permetterà, e ne avrò gran piacere. Credo di aver
conservati i nomi degli associati che aveste la gentilezza di man-
darmi, e poiché dite di aver perdute le soscrizioni, e nondimeno
volete pure incaricarvi di dispensare i miei versi costì, cercherò
quella nota, e trovandola, l’acchiuderò all’Adelaide, alla quale
risponderò in breve. Addio, cara Antonietta: potete pensare
quanto sia il mio desiderio di rivedervi. In ogni modo, voglia-
temi bene anco di lontano, e salutatemi il carissimo Ferdinando,
e il bravo Emilietto. Addio addio.
1693. |
A Monaldo Leopardi. |
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Mio caro Papà.
Le rendo grazie infinite della mancia ch’Ella ha la bontà di
mandarmi,1 benché non possa non dispiacermi sempre che Ella
s’incomodi per amor mio. Debbo avvisarla che a questa posta
nessun gruppo è arrivato per me; non so se sia necessario fal-
delle ricerche a cotesto ufficio. Io continuo ad uscir di casa,