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Pagina:Leopardi - Epistolario, Bollati Boringhieri, Torino 1998, II.djvu/623

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tivata senza una profonda cognizione delle lingue dotte, lo lascio pensare a voi. Filologi stranieri di grido non si trovano a Roma quest’anno. Io veggo assai spesso il buon Ministro di Prussia, cavalier Bunsen, amico già del povero Niebuhr. Egli ha tutte le settimane in sua casa una società di dotti, della quale io non ho potuto profittare ancora, a causa della mia salute, abitando egli assai distante da me. Egli pubblica, come sapete, insieme con Gerhard (buono e bravo giovane), e con altri dotti italiani e stranieri, gli Annali e il Bullettino d’Archeologia. Gli ho parlato molto di voi: egli vi conosce per fama, ma non ha veduto ancora dei vostri lavori. Continuate, vi prego, a darmi le vostre nuove, e a tenermi informato dei vostri disegni e delle vostre speranze. Carissimo amico, voi, conoscendo la mia insufficienza, non mi onorate mai d’alcun vostro comando, mentre da altra parte voi non cessate di adoperarvi a vantaggio mio. Ma se credete che il buon volere possa compensare in qualche modo il poco potere, non mi rispar- miate, vi prego. Quando mi scriverete, non mettete sulla let- tera l’indirizzo della mia abitazione, perchè questo in Italia è causa che le lettere si smarriscono, attesa la negligenza dei porta- lettere. Addio, mio ottimo amico. Conservatevi ed amatemi. Il vostro Leopardi.

1695. Di Pietro Giordani.
[Parma] 28. Dicembre [1831]

Carissimo Giacomino. D’infinita consolazione mi sarebbe la tua dei 191 (dopo tanto silenzio), se tu avessi potuto darmi nuove migliori di tua salute. Per carità abbiti ogni possibil cura. Ti raccomando di mandare mille cordiali saluti miei a Paolina ed a Carlo; ai quali sono ineffabilmente grato della benevola memoria. Ogni volta che vedi Monsignor Muzzarelli riveriscimelo caramente. Digli che ultimamente scrissi al Conte Gnoli2 per avere (dopo un anno e mezzo) nuove di lui e della sua sposa. Al nostro carissimo Tene-