que la mia mente non voglia mai esaltarsi per lodi, pure non poteva
non essere commossa da quelle che le vennero da tanta dottrina, quanta,
per una specie di miracolo, si trova riunita nella S.V., meritamente
celebrata come sostegno de’ cadenti studi italiani. Nè io per altre ragioni
posi il mio ingegno a quel volgarizzamento, se non per mostrare, così
come io scarsamente poteva, alla gioventù nostra (ormai resa in gran
parte straniera alla materna lingua del Lazio) quali siano le vere bel-
lezze; bellezze riconosciute per tali da tutti gli uomini in tutti i secoli;
bellezze che sono in diritta opposizione collo strano modo di comporre
libri ne’ giorni nostri. Ma più che io non potrò fare con quella imper-
fetta copia, farà ella cogli scritti suoi, aurei tutti, e pieni dell’antica
sapienza.
Questa mia le verrà dal giovine ab. Baruffi, che non è della turba
de’ traviati. Egli ha buon ingegno, e si diletta nello studio de’ classici.
E perciò è giusto il desiderio che lo muove inverso lei: ed io, a lei invian-
dolo, ne lo appago.
In autunno passerò per costà, e satisfarò pur io al desiderio im-
menso, che ho di vederla e di abbracciarla. Intanto mi tenga per suo
Dmo affmo servo ed ammiratore
Biondi
Torino 30 Agosto 1832
1783. |
A Paolina Leopardi. |
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Pilla mia. In questi due mesi di silenzio che tu dici, io ho
scritto almeno due volte:1 se non hai le lettere, non so che
dire: anche a me il tuo silenzio incominciava a parere un po’
lungo: la tua ultima senza data, mi era giunta ai dieci di luglio.
Ancora qui abbiamo avuto il caldo preciso di 29 gradi, eccetto
forse qualche giorno di luglio, che credo che passasse il 30. Io
ne ho sofferto molta debolezza e mal essere, poiché tutta la mia
salute e il mio vigore dipende dalla moderazione della tempera-
tura, la quale mancando, sto sempre male. Gli occhi soprattutto
hanno patito più del solito. Nuove non ho da darti, se non che,
ho riveduto qui il tuo Stendhal, che è console di Francia, come