a Firenze. Pochissimo preme ad ognuno de’ fatti miei, ma non
tanto poco, che a me non piaccia meno di parteciparne agli altri.
Salutami carissimamente i Tommasini e i Maestri, e ricordami
anche al Toschi. Tu ben sai che se mi scrivessi lungamente,
mi daresti un immenso diletto, e non mi seccheresti, come ti piace
dire: ma ragionevolmente non hai di che scrivermi. Amami, come
devi, se il riamare è ufficio degli animi ben nati. Io penso a te
sempre, e ti adoro come il maggiore spirito ch’io conosca, e come
il più caro ch’io abbia. Addio addio.
1786. |
A Monaldo Leopardi. |
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[Firenze 13 Settbre 1832] |
Mio caro Papà,
Ai 14 di Agosto io, a tenore della sua cma dei 4,1 trassi di
qua una cambialina a 20 giorni data, per 24 francesconi, sopra
il Sig. L. Giambene a Roma, all’ordine di questo banchiere Wolff
e C., dal quale, com’Ella intende, nel medesimo giorno rice-
vetti il contante. Di ciò le diedi avviso da Roma per mezzo del
Giambene, e direttamente di qua, pregandola a far pervenire
il danaro prima della scadenza al detto Giambene, Segfio gen.
delle poste pontificie. Non ho notizia ch’egli abbia ricevuto il
danaro, ma non ne dubito punto: Ella bene intende che in ciò
è interessato seriamente il mio onore, trattandosi di cambiale.
Dovetti pregare il Giambene, non avendo io altri a cui dirigermi
con sicurezza in Roma, e non avendomi Ella indicato un suo
corrispondente colà, sopra cui dovessi trarre. Io non vedo altro
mezzo di aver danaro dalla Marca in Toscana, se non le cam-
biali. Ma, come la pregai nella prima mia, così la prego ora, che
Ella medesima voglia indicarmi un suo corrispondente qualun-
que, sopra il quale io possa ogni due mesi trarre una cambialina
di 24 francesconi, la quale da questo corrispondente, autoriz-
zato da Lei in prevenzione, sarebbe accettata, e pagata poi alla
scadenza col danaro che Ella gli farebbe giungere. Questo cor-