Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/278

Da Wikisource.

ANNO 1819 - LETTERE 1«!)-170 243 conosco fin d’adesso dalla sua cortesia.1 Alla quale mi raccomando perché V. S. mi conservi la sua benevolenza, e mi perdoni la lunghezza di queste ciance, incolpandone, piuttosto che nessun’altra cosa, la stima segnalatissima e l’affezione che mi fanno suo devotissimo obbligatissimo servitore. 170. A Giulio Pertica ri. - Roma? Kecanati 12 Marzo 1819. Signor Conte mio carissimo. Io non so veramente se mi convenga di usurparmi quella licenza, che in voi con me non è altro che diritto, dico di trattarvi con quella familiarità colla quale vedete che incomincio. Ma comandandomi ch’io vi scriva liberamente, e mostrandovi cosi nemico delle cerimonie, s’io mi tenessi soltanto alla verecondia, credo che vi parrei disubbidiente e fastidioso, c quel ch’è peggio vi darei in questi principii cattivo segno del cuore e dell’indole mia. E questo anche sarebbe falso, mentr’io, fuor ch’a voi se volete, non cedo a nessun altro in odiare queste sciagurate cerimonie che ci tolgono o difficultano l’una delle massime consolazioni che ci sieno concesse 3 in questa misera vita, e voglio dire quella del manifestarsi e diffondersi i cuori sensitivi gli uni negli altri. Dei quali sapete ben voi quanti n’occorrano in questi tempi, conte mio caro, poiché non solamente l’ingegno, ma il cuore eziandio v’è toccato de’ rarissimi e preziosi; certo che mi perdonerete, se considerando la soavità e l’affetto del vostro scrivere non ho potuto far che l’amore non prevalesse alla riverenza, né tenermi ch’io non corra ad abbracciarvi strettissimamente, e pregarvi che mi vogliate essere amico, già ch’io, posto ancora che non voleste, bisognerebbe pur che fossi vostro fin ch’io vivessi. Che vogliate dir qualche cosa delle mie povere canzoni nel vostro giornale, non posso altro che ringraziarvene caramente. S’io vi dicessi che non lo meritano di gran lunga, direi quello ch’è vero, ma forse non parrebbe che parlassi di cuore. E lasciando questo, io non sono tant’oltre colla filosofia, che mi basti l’animo di rifiutar l’onore che mi verrà dall’aver dato a voi materia di scrivere, o a qualcheduno de’ vostri amici, ch’essendo tale, sarà certamente da molto più che non è degno il mio libricciuolo. In ordine a quello che mi scrivete ch’io dia mano al vostro gior1 L’Arici gii rispose che le canzoni non gli erano arrivate, come dalla lettera di G. al Giordani dei 19 marzo (num. 175). 2 Dalla minuta autografa, in casa Leopardi. 3 Nella minuta il «concesse» fu prima cancellato e sostituito da «concedute»; poi rimesso.