Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/81

Da Wikisource.

50 EPISTOLARIO j£7’. A Pietro Giordani. - Milano.1 Recanati 21 Febbraio 1817. Stimatissimo Signore. Odiando io fieramente il mezzano in letteratura (con che non vengo a odiare me stesso che sono infimo), Vincenzo Monti (1754-1828), l’autore della Bassinlliana, il poeta cesaroo^e lo storiografo del regno italico Botto il grande Napoleone, il traduttore famoso dell’Iliade. Qual maraviglia cho il giovino recanatese, ancora quasi oscuro ina bramoso di fama e di gloria, cercasse di farsi conoscere o apprezzare da personaggio si illustre? e cho, ]>er conseguir ciò, non risparmiasse le proteste della pili alta ammirazione? Ma tale ammirazione non fu sempre cosi ampia e incondizionata; anzi, dopo questa letterina o dopo l’elaborata Dedicatoria delle prime due Canzoni, si foco via via pili ristretta, cedendo a un calmo e ponderato esame critico di tutta l’opera letteraria del Monti, e riuscendo a un giudizio riassuntivo, che a qualcuno potè sembrare troppo severo e non in tutto accettabile. Di fatti, so in un pensioro dello Zibaldone dol 1818 (voi. I, pp. 92-93) il L. metto in rilievo i pregi delle poesie montiane, poco tempo dopo viene a conclusioni quasi affatto negativo: «Ma tutto quello che spetta all’animo, al fuoco, all’affetto, all’impeto vero e profondo, sia sublime, sia massimamente tenero, [al Monti] manca affatto. Egli ò un poeta veramente dell’orecchio e dell’imumginaziono, del cuore in nossun modo; o ogni volta che, o per iscelta, come noi Bardo, o per necossità ed incidenza, come nella Bas* ainlliana. è portato ad esprimer cose affettuose, è cosi manifesta la freddezza del suo cuore, che non vale punto a celarla l’elaboratezza de) suo stile o della sua composizione: anche nei luoghi ch’io dico, noi quali puro egli va belio spesso, anzi per l’ordinario, con una ributtante froddozza e aridità, in traccia di luoghi di classici greci e latini, di espressioni, di concetti, di movimenti classici por esprimerli elegantemente, lasciando con ciò freddissimo l’uditore» (C. Leopardi, Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura; Firenze, Success, Le Monnier, 1898-1900; voi. I, pp. 131-32). E anche più tardi si conformò in quosto giudizio, asserendo che il Monti «non ha di poetico che l’immaginazione si nolle cose si nello stilo >, e che «nelle sue composizioni non è che un buono e valente traduttore di Omero, Virgilio, Orazio, Ovidio ed altri poeti antichi, o imitatore, anzi spesso copista, di Dante, Ariosto e degli altri nostri classici». E, pure ammettendo che egli si lascia leggere non senza piacere, e che «l’imitare o il copiare nella sua stessa poesia intrinsecamente non si lascia scorgere», non può non concludere col negargli il titolo di poeta. Ciò senza contaro il giudizio che G. ebbe a dare del Monti come uomo, specie allorché, nel rigettare la paternità de’ famosi Dialoghetti monakliani che in mala fedo gli si attribuiva, protestò di non voler passare per convertito ed essere assomigliati, al Monti. — Mette conto riferire, a riscontro del giudizio leopardiano, quello che il Giordani scriveva dol Monti al Brighenti quasi intomo ul medesimo tempo, cioè agli 11 maggio ’20: «Son persuaso aneli’ io cho ci sia in Monti di che criticare. Ma con un uomo ohe ora possiedo una fama colossale ed Europea, ci vorrebbero fortissime ragioni.... molta sagacità, molto ingegno por trovare dov’egli veramente falla.... In Italia egli è giudicato anche troppo rigorosamente... e non pensano da quanta abbondanza o variotè, da quanta luce, da quanto calore sono compensato lo sue disuguaglianze». Se teniamo conto dol grande amore cho il Giordani portava al Monti, in fondo questo giudizio non si discosta eccessivamente da quello del Leopardi. 1 La minuta autografa di questa lettera fu donata da Pierfroncosco il 9 luglio ’51 alla baronossa Teresa Narducci.