Pagina:Leopardi - Operette morali, Chiarini, 1870.djvu/117

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discesa, quando egli non avea potere nè ragione alcuna negli uomini, era stato da essi onorato con un grandissimo numero di templi e di sacrifici; ora venuto in sulla terra con autorità di principe, e cominciato a conoscere di presenza, al contrario di tutti gli altri immortali, che più chiaramente manifestandosi, appaiono più venerandi, contristò di modo le menti degli uomini e percossele di così fatto orrore, che eglino, se bene sforzati di ubbidirlo, ricusarono di adorarlo. E in vece che quelle larve in qualunque animo avessero maggiormente usata la loro forza, solevano essere da quello più riverite ed amate; esso genio riportò più fiere maledizioni e più grave odio da coloro in che egli ottenne maggiore imperio. Ma non potendo perciò nè sottrarsi, nè ripugnare alla sua tirannide, vivevano i mortali in quella suprema miseria che eglino sostengono insino ad ora, e sempre sosterranno.

Se non che la pietà, la quale negli animi dei celesti non è mai spenta, commosse, non e gran tempo, la volontà di Giove sopra tanta infelicità; e massime sopra quella di alcuni uomini singolari per finezza d’intelletto, congiunta a nobiltà di costumi e integrità di vita; i quali egli vedeva essere comunemente oppressi ed afflitti più che alcun altro, dalla potenza e dalla dura dominazione di quel genio. Avevano usato gli Dei negli antichi tempi, quando Giustizia, Virtù e gli altri fantasmi governavano le cose