Pagina:Leopardi - Operette morali, Gentile, 1918.djvu/325

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261 — che ella corra, che ella si voltoli, che ella si affanni di continuo, che eseguisca quel tanto, né più ,né meno, che si è fatto di qui addietro dagli altri globi ; in fine, che ella divenga del numero dei pianeti; questo porterà seco che sua maestà terrestre, e le loro maestà umane, dovranno sgom- 5 berare il trono, e lasciar 1* impero ; restandosene però tuttavia co’ loro cenci, e colle loro miserie, che non sono poche. SOLE. Che vuol conchiudere in somma con cotesto discorso il mio don Niccola? Forse ha scrupolo di coscienza, che il fatto non sia un crimenlese? 10 COP. No, illustrissimo; perché né i codici, né il digesto, né i libri che trattano del diritto pubblico, né del diritto dell’ Imperio, né di quel delle genti, o di quello della natura, non fanno menzione di questo crimenlese, che io mi ricordi. Ma voglio dire in sostanza, che il fatto nostro 15 non sarà cosi semplicemente materiale, come pare a prima vista che debba essere; e che gli effetti suoi non apparterranno alla fisica solamente: perché esso sconvolgerà i gradi della dignità delle cose, e 1’ ordine degli enti ; scam- bierà i fini delle creature; e pertanto farà un grandissimo 20 rivolgimento anche nella metafisica, anzi in tutto quello che tocca alla parte speculativa del sapere. E ne risulterà che gli uomini, se pur sapranno o vorranno discorrere sanamente, si troveranno essere tutt’ altra roba da quello che sono stati fin qui, o che si hanno immaginato di essere. 25 SOLE. Figliuol mio, coteste cose non mi fanno punto paura: che tanto rispetto io porto alla metafisica, quanto alla fisica, e quanto anche all’ alchimia, o alla negromantica, se tu* vuoi. E gli uomini si contenteranno di essere quello che sono : e se questo non piacerà loro, andranno razioci- 30 nando a rovescio, e argomentando in dispetto della evidenza delle cose, come facilissimamente potranno fare; e in questo modo continueranno a tenersi per quel che vor- — 262 —