Pagina:Leopardi - Operette morali, Milano 1827.djvu/148

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O VIRO DELLA GLORrA. iJg vere e nella dottrina. E quanto a coloro clie se bene bastantemente instrutt di quella erudizione che oggi è parte, si può dir, necessari si di civiltà > non fanno professióne alcun,v di studi nè di scrivere, e leggono solo per passatempo; ben sai che non sono atti a goder più che tanto della bontà dei libri: e questo, oltre al detto innanzi , anco per un altra cagione, che mi resta a dire. Cioè che questi tali non cercano aftro in quei1 che leggono, fuorché il diletto presente. Ma il presente è piccolo e insipido per natura a tutti gli uom ni. Onde ogni cosa più dolce, e come d :e Omero, y^nere, il sonno, il canto e le carole »resto e di necessità vengono a noia, se colla presente occupazione iton è congiunta la speranza di qualché diletto o comodità futura che ne dipenda*. Perocché la condizione dell’ uomo non è capace di alcun godimento notabile, che non consista sopra tutto nella speranza ; la cui forza è tale, che moltissime occupazioni prve per se di ogir piacere, ed eziand13 stucchevoli o f&t cose, aggiuntavi la speranza di qualche frutto, riescono gratissime e { iocondissime , per lunghe che sjeno ; ed al contrario, le cose che si .stimano d lettevoli in se , disgiunto dalla speranza , vengono in fastidio quasi, .per cosi dire, appena gustate. E in tanto veggiamo noi che gli studiosi sono come insaziabili della lettura, anco spesse volte aridissima 3 e provano un perpetuo diletto nei loro.