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118 ii . paralipomeni della batracomiomachia

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     Questi al re de’ ranocchi, ambasciatore
del proprio re, s’era condotto, avanti
che tra’ due regni il militar furore
gli amichevoli nodi avesse infranti:
e com’arse la guerra, appo il signore
suo ritornato, dimorò tra’ fanti,
e sotto tende, insin che tutto il campo
dal correr presto procacciò lo scampo.
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     Ora ai compagni, ricercando a quale
fosse in nome comun l’uffizio imposto,
che del campo de’ granchi al generale
gisse oratore, e che per gli altri tosto
d’ovviar s’ingegnasse a nòvo male,
nessun per senno e per virtú disposto
parve a ciò piú del conte; il qual di stima
tenuto era da tutti in su la cima.
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     Cosí da quelle schiere, a prova eretto
l’un piè di quei dinanzi, all’uso antico,
fu, per parer di ciascheduno, eletto
messagger dell’esercito al nemico.
Né ricusò l’uffizio, ancor ch’astretto
quindi a gran rischio: in campo ostil, mendíco
d’ogni difesa, andar fra sconoscenti
d’ogni modo e ragion dell’altre genti.
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     E sebben lassa la persona, e molto
di posa avea mestier, non però volle
punto indugiarsi al dipartir: ma, còlto
brevissimo sopor su l’erba molle,
sorse a notte profonda, e seco tolto
pochi servi de’ suoi, tacito il colle
lasciando tutto, e sonnolento, scese,
e per l’erma campagna il cammin prese.