Pagina:Leopardi - Paralipomeni della Batracomiomachia, Laterza, 1921.djvu/143

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canto terzo 133

8
     di Trevi la cittá, che con iscena
d’aerei tetti la ventosa cima
tien sí che a cerchio con l’estrema schiena
degli estremi edifízi il piè s’adima;
pur siede in vista limpida e serena
e quasi incanto il viator l’estima,
brillan templi e palagi al chiaro giorno,
e sfavillan finestre intorno intorno;
9
     cotal, ma privo del diurno lume,
veduto avresti quel di ch’io favello,
del polito macigno in sul cacume
fondato solidissimo castello,
ch’al margine affacciato oltre il costume
quasi precipitar parea con quello.
Da un lato sol, per un’angusta via,
con ansia e con sudor vi si salia.
10
     Luce ai topi non molto esser mestieri
vede ciascun di noi nella sua stanza;
che chiusi negli armadi e nei panieri
fare ogni lor faccenda han per usanza,
e spente le lucerne e i candellieri
vengon poi fuor la notte alla lor danza.
Pur se luce colá si richiedea
talor, con faci ognun si provvedea.
11
     D’Ercolano cosí sotto Resina,
che d’ignobili case e di taverne
copre la nobilissima ruina,
al tremolar di pallide lucerne
scende a veder la gente pellegrina
le membra afflitte e pur di fama eterne,
magioni e scene e templi e colonnati
allo splendor del giorno ancor negati.