Pagina:Leopardi - Paralipomeni della Batracomiomachia, Laterza, 1921.djvu/222

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212 appendice
3. Per me non fiaterei
6. E suggon l’olio, che si spegne il lume.
XXI, 1. Ma quel che piú mi scotta e quel che mai
2. Non m’uscirà di mente
3. Mi rosero il mio velo
4. ... Era gentile e fino;
5. Ch’io l’avea pur tessuto; e già mei trovo
6. Tutto forato e guasto, ancor che novo.
XXII, 3. ... e quegli tutto il giorno
4. ... e la mercé mi chiede
XXIII, 2. E pur troppo una sera
3. Ritornata dal campo a la tard’ora
4. Stanchissima a posar mi collocai;
5. Ma dormir non potei...
6. Dal gracidare eterno...
XXIV, 2. Fin quando spenta la diurna luce
4. Orsú, nessun di noi schermo né duce
5. Si faccia di costor che in guerra vanno.
XXV, 2. Se fosse ivi presente
4. Star mirando la pugna allegramente.

CANTO III

[Anche in questa seconda redazione, come poi nella definitiva, i canti III e IV in cui era stato diviso il poemetto nel 1815, furon ridotti a uno solo, continuando la numerazione delle stanze.]


St. II, V. 2. Leccaluomo feria
4. Lo sfortunato...
5. ... e a Fangoso
III, 1. Quei tra la polve sí ravvolge e more;
5. Percosse e a terra lo mandò supino
6. Mette uno strido...
V, 4. Leccaluomo traea da l’alta sponda:
VII, 2. Stilla il cervello... intride
4. Giacinelfango d’una botta
VIII, 1. Da l’erto lo precipita
IX, 6. Spezza la destra gamba ed il ginocchio.
XI, 4. Per buona sorte a un fossatello arriva,
5. Ne la zampa fra tanto a Gonfiagote
6. Rodipan vibra un colpo e lo percote.
6. Correa Porricolore a dargli aiuto.