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nota 219

II

APPRESSAMENTO DELLA MORTE

Questa cantica fu composta tra il novembre e il decembre 1816, e nel marzo 1817 era già presso lo Stella, perché la mandasse al Giordani, dal quale il Leopardi bramava sapere se il componimento gli paresse «buono alle fiamme». E il savio Mentore: «Non mi par certamente da bruciare; ma neanche la stamperei così subito». Non giova riferir qui i savi consigli che indussero il giovane poeta non solo a non pubblicare, ma non curare neppure di ritirare il ms., del quale, contro l’uso suo, non aveva altra copia. L’opera, ritenuta lungamente dispersa, uscì nel 1880 col titolo: «Appressamento della morte, cantica inedita di Giacomo Leopardi, pubblicata con uno studio illustrativo dall’avv. Zanino Volta» (Milano, Hoepli). Pel Mestica, che la ristampò prima nel volumetto Barbèra delle Poesie (1886), poi negli Scritti letterari, II, 197-209, lo stesso Volta rifece un’accuratissima collazione sull’autografo. Onde ho creduto superfluo rifarla ancora una volta io.

III

POESIE VARIE

I. — Guglielmo Manzi, di Civitavecchia, bibliotecario della Barberiniana aveva dati alle stampe certi Testi di lingua tratti da codici della Biblioteca Vaticana (1816), dei quali il Giordani fece nella Biblioteca italiana una recensione non laudativa, ma equanime e temperata (la si veda negli Scritti editi e postumi del Giordani, ed. Gussalli, III, 89-100). Codesto spinse il brav’uomo a pubblicar contro i compilatori della Biblioteca una sfuriata a dirittura da matto, dalla quale a sua volta fu indotto il Leopardi a scrivere i Sonetti in persona di ser Pecora. Mandati fin dal 12 maggio 1817 allo Stella perché li stampasse ne Lo spettatore, non furon pubblicati se non nel 1826 nel citato volume di Versi, quando il Manzi era già morto da cinque anni.