Pagina:Lettere (Andreini).djvu/131

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LETTERE

mia, date à lui le vittorie, e le palme, e se voi sola fate, ch’ei trionfi di tanti cuori, non è maraviglia, s’egli tanto vi stima, che non ardisce pur di mostrarvi l’arco, e fa veramente quanto dee, mentre non osa di molestarvi, perch’egli senza voi era nulla, onde si può veramente dire, ch’egli prima, che nasceste, o non era nato, od era morto, e nel nascer vostro, o suscitò, overo nacque con voi. Non debb’io dunque pregiarmi, essendo nato in tempo di tanta maraviglia? certo sì, e me ne pregio, e tanto più, quanto m’è conceduto di servire à quella bellezza, ch’è di tanta maraviglia cagione: e se non ch’io sento troppo pungenti gli strali, che m’avventano i vostri sguardi, e troppo ardenti le fiamme, ch’escono da quei vivi soli, potrei interamente reputarmi felice: ma voi begli occhi, perche m’ardete tanto? e voi sguardi possenti, perche tanto mi saettate? Deh vengavi pietà del mio male. Occhi chiari, e sereni, non mi ponete tanto ardor nell’anima. Ohime, ch’io ardo assai, senza che voi facciate sforzo d’aggiunger fuoco al mio fuoco; deh non vi mostrate tanto vaghi delle mie pene: ma siatemi per pietà più benigni; ardete i nemici vostri, & à quelli mostratevi fieri, e crudeli, non à me, che v’adoro; e qualhora io procuro di mirar la bellezza della mia Dea, non vi mostrate armati di tanti lampi, perche abbagliando, con lo splendor sovverchio, questi occhi miei, mi contendete la desiata vista. Raffrenate dunque gli sguardi troppo lucenti, perch’io possa fruir quel bello, ch’io tanto bramo: e voi Signora mia vietate loro, che non


ardano