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D’ISABELLA ANDREINI. 73

ser prive di ragione non conoscono il favor singolare, che lor voi fate, e vi togliete à me, che per esser di ragione dotato conosco l’estremo torto, che da voi ricevo. Muta luogo ragione, e si vedran maraviglie. Le Fere adoreranno, chi mi dà con la sua lontananza, occasione di doglia & io non mi dorrò, benche sia da lei diviso. Se queste, non si veggono, ben altre, se ne scorgono. Hor al muover del vostro piede, verdeggian l’herbe, fioriscono i prati, & allo scintillar, de’ begli occhi nascono mille amoretti, onde s’allegra il Cielo nel mirarvi, gode la Natura d’havervi creata, e con ragione gioiscono i mortali, che siate nel lor numero, poiche voi (siami lecito dirlo) siete, un Sole terreno sì; ma molto più del celeste nobile, e degno, perche quello à noi, vien dall’ombra della notte oscurato, & voi mio lucidissimo Sole, non ricevete ingiuria da lei, anzi allhora, che gli orrori notturni son più negri, e più oscuri, voi con lo splendore de’ bei vostri occhi li rischiarate in modo, che mirabilmente d’oscurissima notte, si fà serenissimo giorno: ma perche racconto io le vostre divine dote, hormai in ogni parte palesi? meglio è (per dir così) che in vece di cantar la vostra gloria, io pianga il mio tormento, e meglio è, ch’io preghi Amore, che quanto prima mi conceda il rivedervi, ancorche i’ non sappia discernere, se più patisco quando vi son vicino, che quando vi son lontano, poiche lontano sento distruggermi, e vicino sento abbruggiarmi.


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