Pagina:Lettere (Andreini).djvu/193

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LETTERE

ma mia. Dirò bene (e con verità) che sono la vera cagione d’ogni mio male. Addio dunque begli occhi, coronati di lucidissimi raggi, armatevi pur per altro cuore è di fiamme, e di strali, ch’io inquanto à me spero, che la lontananza spegnerà il vostro cocente ardore, e l’oblio rintuzzerà l’acutezza de’ vostri avelenati dardi.


Simili.


P

OCO mi giova (bellissima Donna) il procurar di mostrarvi per mezo di dolci parole l’amaro de’ miei dolori, essendo ch’io conosco benissimo, che pietoso affetto, non può destar in voi amorosa pietate. Ah, che i languidi sguardi, ah che ’l dolente volto sparso di color di morte, ah che i muti sì; ma infiammati prieghi di questi occhi lagrimosi non bastano ad aprir le durissime porte del vostro adamantino petto, sì ch’io possa impetrar giusta mercede alle mie lunghe fatiche, od acquistar almen credito all’immutabil mia fede, poiche voi non v’accorgete, che quella bellezza, che v’adorna, e quella gratia, che vi fà riguardevole (colpa di tanta crudeltà) altro non sono, che misere cagioni, e di danno, e di morte. Deh, se voi non provate affetto d’amor per me, almeno habbiate pietà di quello, ch’io sento per voi. Siate di me pietosa, e tanto mi basta; portando io ferma opinione, che la pietà sia cote de gli strali d’Amore, il lume del suo fuoco, e l’ali del suo volo.


Habbiate