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D’ISABELLA ANDREINI. 104

e con dolce memoria ricordarmi delle passate miserie, essendoche (come si dice) è grandissimo contento à chi è fuor delle pene il raccontarle; ma m’è avvenuto tutto al contrario. Pensai d’una tranquilla vita gioire à guisa di quel soldato già vecchio; ilquale dopò haver con generoso cuore nelle pericolose battaglie à piede, & à cavallo sostenute mille fatiche, e passati mille risichi nelle zuffe, ne gli assedi, negli assalti, nelle fughe, nelle imboscate, nelle stragi, e ’n somma in tutti quei modi ne i quali soldato di valore suol passar pericolo di morte, sofferendo fame, sete, caldo, freddo, e mill’altri disaggi, carico d’anni, e d’honore quietamente si riposa, raccontando sovente le guerre andate, e i pericoli scorsi, mostrando le cicatrici delle ferite, dallequali, se sparse già sangue, ne raccoglie allhora gloria; ma nemica Fortuna non vuol così. Benche i’ habbia non men penato, e non men post’à pericolo la vita servendo Amore, di quello che si faccia il buon sodato servendo Marte, con tutto ciò non m’è conceduto riposo. Io hò servito chi mi sprezzava, io di giorno, e di notte trà emuli nemici più volte son passato, quando aprendomi la strada col ferro, e quando tentandola con gli inganni, io hò sostenuto l’amarissimo dispiacere di saper, ch’altro amante di me più fortunato habbia raccolto il frutto delle mie fatiche, io hò sopportata la fiera, e dispietata morte d’un’amara, e lunga lontananza, io gran tempo hò amato senza speranza, non che senza ricompensa, io hò tolerato l’aspro affanno di veder donna da me riverita, fatta interamen-


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