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D’ISABELLA ANDREINI. 108

non sò riprender il vostro pietoso dolore, nè sò accusarvi, se così tosto non terminate i lamenti, perche è difficile nelle gran perdite l’impor presto silentio alla doglia, laquale stimo, che sia in voi grandissima, come quegli da cui si riputava malamente impiegato quel tempo, che non era speso nella cara, & util compagnia del Signor Tasso. Scrivete ancora, che se innanzi al suo fine gli haveste veduta bianca l’una, e l’altra tempia, vi sarebbe più facile tolerar l’affanno: ma ch’essend’egli morto allhora che ’l suo nobile ingegno ne prometteva parti gloriosissimi, non potete impor tregua non che pace alle lagrime, parendovi ingiustitia di Natura, che un’huomo sapiente, non habbia alcun privilegio di più vita, che un’ignorante. Finalmente la vostra lettera mandatami è tutta piena di cose degne di memoria, lequali, perche tutte versano nel lamentarsi dell’immatura morte del Signor Tasso mi sforzano à ricordarvi, che ’l vostro caro amico nacque mortale, e che l’esser mortale non è altro che un non essere, posciache l’huomo comincia à morire quand’egli comincia à nascere. Io credo, che la sua bell’anima gioisca d’haver abbandonato il Mondo, poich’egli (e sia detto con pace dell’istesso Mondo) non era degno d’haverla. Non sapete dunque, che sicome il Nocchiero ad altro non intende, che ad andar al porto, così vivere non è altro che incaminarsi alla morte? volgete gli occhi del pensiero à tutto quello, che ’l gran giro della Terra in se chiude, e vedrete, che la falce letale del Tempo, e della Morte miete universalmente ogni sta-


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