Pagina:Lettere (Andreini).djvu/263

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LETTERE

rabile, ò caro giorno, che m’aperse le luci al bene. Allhora piovè nel mio seno tutta la dolcezza del terzo Cielo, allhora hebbe in me principio quanto di bene, e di contento possa haver luogo in anima innamorata, ò giorno dunque da me sempre riverito à cui più debbo, che à quello del mio natale. O Amore quando potrò io mai ringratiarti di tanta gratia, che m’hai fatta ferendomi il petto col più degno, & honorato strale, che mai uscisse dall’arco tuo? e quando potrò io ò valorosa donna, ricompensarvi della somma gentilezza, che vi compiacete di mostrarmi, non isdegnando quella servitù, e quell’affetto con cui riverente mi v’inchino? ò di potente Nume singolar dono, ò di cortese donna magnanima pietade. Vi giuro (anima mia) che, poiche mi veggo tanto favorito da voi hò fatto fermo pensiero, che la vostra bella mano sia eternamente quella, che tenga il freno di tutti i miei desiri. Voi sarete quella da cui dipenderà sempre la mia vita, e ne’ vostri sereni, e begli occhi albergherà lo spirito, e ’l cuor mio. Voi con un solo sguardo, o torvo, o placido, potrete come più vi sarà caro darmi, e morte, e vita. Voi con le vostre cortesi parole mi farete i martiri piacevoli, le pene soavi, e i pianti dilettosi. Voi sola potrete dar conforto alle mie doglie, se doglia alcuna mi può venir dall’amarvi, e dal servirvi, che non posso ciò credere, anzi tengo per fermo, che voi con attioni di pietà operarete sì, che la mia pena mi darà salute, il mio tormento conforto, le mie turbolenze quiete, e la mia morte vita. Con questa sicurezza vi servirò, v’amerò, e vi riverirò


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