Pagina:Lettere (Andreini).djvu/271

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LETTERE

non è per durare, e non potendo durare non può chiamarsi felice, per quel continuo sospetto, ch’egli ha di perder la felicità, ch’ei possiede. Io non ho più cara cosa al mondo di me stesso, dunque non voglio per qual si sia accidente affliggermi, sì ch’io tolga me stesso à me medesimo. Mi risolvo di contentarmi di quanto, o di buono, o di cattivo è per venirmi alla giornata, ricordandomi, che niuno sarà mai così felice, che fatto impaciente della sua sorte, non brami di mutarla. Vi son servitore, e prego Iddio, che vi dia ricompensa di quella consolatione, che m’havete data.


De i pensieri strani de gli amanti.


Q

Uando io vi rividi (ò bellissima Donna) poco mancò, che ’l riscaldato sangue non facesse di nuovo nascer amore nell’anima mia, perche non sì tosto gli occhi mirarono il caro obbietto del vostro gratiosissimo volto, che d’insolito modo sentij agitarmisi il cuore, & era ’l moto così frequente, ch’appena potea capir nel seno; e lusingato, e dolcemente allettato lo spirito mio dalla gratia vostra, parea che non volesse rimaner più meco, è ch’egli amaramente si pentisse d’essersi pentito d’amarvi; e fuor d’ogni misura dispiaceva al mio pensiero, d’essersi disingannato de’ suoi amorosi inganni: nè potrei dirvi quanto dispiacque alla mia ragione d’esser divenuta ragionevole, e quanto dolse alla mia mente d’essersi fat-


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