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D’ISABELLA ANDREINI. 133

diedi questo mio seno; dunque potete credere, ch’io sarò costante, e fedele sino alla morte. Crescano pure i tormenti, che non scemerà l’amore. Cresca la bellezza vostra dolce veleno dell’anima mia, e chiaro specchio in cui vagheggia il Cielo le alte sue maraviglie, ch’io goderò, ch’ella si faccia maggiore, perche si faccia ancor più grande la soave mia pena; ma che parl’io? chi può aggiunger all’infinito? Prima che voi veniste ad arricchir il Mondo del vostro bellissimo sembiante che cosa era bellezza? ella altro non era, che un nome senza effetto, un sogno de gli amanti, un disegno del quale voi siete l’opera, overo un’ombra della quale voi siete il corpo; onde bisogna conchiudere, che ciò, ch’è bello è in voi, e ciò che non è in voi non e bello, perlaqual cosa io conosco che tanto meriterei biasmo non amandovi, quanto merito lode servendovi; dunque voglio amarvi, e servirvi mentre che haverò vita; e volendo in contrario, non potrei, perche nacqui per amarvi. Così piaccia à chi vi fece tanto bella farvi tanto pietosa, che un giorno vi disponiate di mitigar le mie pene.


Del ritratto d’Amore.


L

A diversa qualità degli occhi nostri (Signora mia) mi fà dubbitar, che ’l Mondo non habbia à perire in un tempo medesimo di quel diluvio, che per la prima volta, e di quello, che dicono dover perir la seconda. Gli occhi miei sempre


Ll          piangono,