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D’ISABELLA ANDREINI. 141

do mormorar i rivi, e dolcemente garrir gli uccelli, & io misero ciò vedendo, e sentendo raddoppio lamenti, & i pianti. Ahi che la Musica selvaggia del Rossignuolo, non è sufficiente à discacciar la cura domestica de’ miei martiri; e s’io vivo in tanti affanni, credetemi Signora mia, che la speranza sola della mia morte è quella, che mi mantiene in vita, non dico la speranza di rivedervi, poiche voi con la crudeltà vostra, m’imponete perpetuo essilio.


Scherzi amorosi d’honestissimo amante.


Q

Ual amaro, quale strano tormento sento io ò Amore. Come sono pungenti gli strali tuoi. O crudo Amore egli è pur vero, che tu non termini il dolore di chi ti serve se non per morte; e per maggior nostro affanno dispietato: cieco; ma infallibil arciero d’ogni nostro martir ti godi; e che sia vero, ditelo voi crudele, ditelo voi, che per me siete fatto ministro delle sue pene. Colpa d’Amore, e vostra, ogni piacere s’è allontanato da me, & ogni affanno s’è fatto compagno della dolente mia vita. Misera me egli è pur vero, che ’l Sole non vibra così infuocati i suoi raggi, quando s’avvicina al Cane ardente, come infiammati sono i sospiri di questo petto. Procuro ben’io (e nol vi celo) di liberarmi da tanti mali: ma interviene à me come à quel travagliato Nocchiero, ilquale più che studia, e più che s’affatica d’arrivar al porto più dall’ingiu-


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