Pagina:Lettere (Andreini).djvu/309

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LETTERE

nevole, ch’altri in premio della sua fedel servitù, sostenga la morte. Ah ch’io temo più della vostra perdita, che del mio male; perche subito che si saprà voi havermi data la morte non per altro, che perche hò voluto servirvi, temendo ogn’uno della propria vita vi fuggirà, non volendo servir ingrata bellezza, che dona in premio di servitù la morte. Così colei, ch’essendo più d’ogn’altra bella, dovrebbe più d’ogn’altra esser ricca d’amanti, essendo più d’ogn’altra ingrata, sarà più d’ogn’altra povera di servi. Dunque vi prego Signora mia ad haver pietà, non di me, nè delle mie pene: ma di voi, e della vostra fama.


Rammarichi d’infelice amante.


L’

Havermi trovata Signora mia contra me l’istesso rigore, la severità istessa ha dato animo alla mia servitù. Siate certa, che quanto più vi dimostrerete sorda al suono de’ miei dolorosi lamenti, quanto più starete dura all’onde dell’amaro mio pianto, quanto più vi troverò fredda al fuoco de gli accesi miei sospiri, tanto più viverò sperando per mezo delle querele, del pianto, e del fuoco di farvi pietosa, d’ammollirvi, e d’infiammarvi. Le battaglie, che facilmente si vincono, non apportano gloria al vincitore. Quanto più l’impresa è difficile, tanto più volentieri io corro, e non mi pare strano l’affaticarmi, il passar pericoli di morte, e lo stillarvi il sangue,


per