Pagina:Lettere (Andreini).djvu/41

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LETTERE

mor mio, io mi sono dal vostro disgiunta, se voi la mia servitù disprezzate, io la vostra abborrisco, se voi mi vi siete rubbato, io à voi mi son tolta, se voi havete sciolto il vostro nodo, io hò rotta la mia catena, se voi havete rihavuto il vostro cuore, io hò ricuperata la mia libertà. Arsi mentre ardeste, piansi mentre piangeste, mentre manteneste fede fui fedele, e mentre foste mio fui vostra, hora con l’essempio vostro governandomi, poiche voi agghiacciate, agghiaccio, e fatta mia, della vostra infedeltà rido, e maravigliomi. Non sia più, ch’io vi brami, non sia più, che di voi parli, o scriva, non sia più, che per vedervi io m’allegri, o m’attristi; spero bene, che eguale alla colpa haverete la pena, com’io eguale alle opere haverò il premio. Sarei ben d’animo, e di cuor vile, s’io volessi amar chi m’odia, e seguir chi mi fugge: io voglio più tosto trarmi il cuore di propria mano, che patir, ch’egli porti l’imagine d’uno, che mi disprezza: sia hoggimai per me spento ogni ardore, e se pur debbo ardere siano le fiamme, fiamme di sdegno, e d’odio: credetemi, ch’io non haverò più pensiero, che di voi mi ragioni in bene, e se per disgratia mia alcuno di furto entrando, volesse difendervi, lo scaccierò da me, e gli darò bando come nemico. Attendete à i vostri soliti inganni, e siate di cui vi pare, che pur che non siate mio, goderò infinitamente.


Del