Vai al contenuto

Pagina:Lettere - Santa Caterina, 1922.djvu/292

Da Wikisource.

lettere di santa caterina 277

cendo in quella ardentissima carità che tenne legato e chiavellato Cristo in su la croce.

O fuoco abisso di carità, tu se’ fuoco, che sempre ardi e non consumi: tu se’ pieno di letizia e di gaudio e di soavità. Il cuore che è vulnerato di questa saetta, ogni amaritudine gli pare dolce, e ogni grande peso diventa leggiero. Oh dilezione dolce, che pasci e ingrassi l’anima nostra! E perché dicemmo che ardeva e non consumava; ora dico che egli arde e consuma, e distrugge e dissolve ogni difetto, ignoranzia, e ogni negligenzia che fusse nell’anima. Imperocché la carità non è oziosa; anco, adopera grandi cose.

Io Catarina, serva inutile, spasimo di desiderio, rivolgendomi1 per le interiora dell’anima mia per dolore e pianto, vedendo e gustando la nostra ignoranzia e negligenzia, e non donare amore a Dio, poiché tante grazie dona a noi con tanto amore. Adunque, carissimi fratelli, non siate ingrati né sconoscenti; perocché agevolmente si potrebbe seccare la fonte della pietà in voi. negligenti, negligenti, destatevi da questo perverso sonno: andiamo e riceviamo il re nostro che viene a noi umile e mansueto.

O superbi voi! Ecco il maestro dell’umilità che viene e siede sopra l’asina. Però disse il nostro Salvatore che una delle cagioni, infra le altre, per la quale egli venisse sopra essa, si fu per dimostriare a noi la nostra umanità, in quello2 che

  1. Salmo: «Effudi in me animam meam.... Ad meipsum anima mea conturbata est». Le interiora, che ora prendesi in senso materiale, è nell’origine sua generico; anzi più degnamente direbbe delle cose intime dello spirito. Un altro Salmo: «Benedie, anima mea, Domino, et omnia quae intra me sunt nomini sanato ejus».
  2. Ellissi; sottinteso tempo, atto, o simile. Ma il resto del periodo è impacciato, forse per essere qualche parola ripetuta o inframmessa.