Pagina:Lettere autografe Colombo.djvu/134

Da Wikisource.
110 lettere autografe


inviato lui, o altra persona due anni fa; perchè io già sarei fuori di scandalo e d’infamia; nè mi si torrebhe il mio onore, nè il perderei. Iddio è giusto, e ha da fare che si sappia il perchè e il come. Costì mi giudicano, com’io fossi un governatore di Sicilia, o di città o terra posta sotto civil reggimento; ed ove le leggi si potessero osservare interamente, senza timore di perdere il tutto. Io ricevo un grande aggravio.

Io debbo esser giudicato come un capitano, che dalla Spagna andò alle Indie a conquistare gente bellicosa, numerosa, di costumi e di credenza a noi molto contraria, che vivono per balze e monti, senza popolazione ordinata, nè noi altri1; dove già per divino volere ho posto sotto il dominio del Re e della Regina nostri Signori un altro mondo; per cui la Spagna ch’era detta povera, è la più ricca.

Io debbo esser giudicato come un capitano che da tanto tempo insino ad oggi porta le armi allato senza lasciarle un’ora; e comanda a cavalieri di conquista e di uso, non di lettere, salvo se fosser Greci o Romani, o altri moderni, de’ quali hannovi tanti e sì nobili nella Spagna. Perchè in altra forma ricevo grande aggravio, stantechè nelle Indie non sono nè comuni, nè statuti.

Aperta è già la porta dell’oro e delle perle, e quantità di tutto ciò, di pietre preziose, di spezierie e di altre cose mille si può sperare fermamente; e mai di peggio non mi avvenga, come ciò darei col nome di Nostro Signore nel primo viaggio; come anco darei il commercio dell’Arabia felice fino alla Mecca, come io scrissi alle

  1. Queste parole ni nosotros guastano il senso, ma si leggono chiaramente nel Manoscritto: mancano nella traduzione degli Accademici.